Report Assemblea Aperta 27 Marzo – Nuove Indicazioni Nazionali (NIN)

Sbobinare. Trascrivere per non disperdere. Ascoltare più e più volte le proprie voci registrate, per stupirsi dei termini usati e rimpiangere quelli non detti. Comprendere una parola per un’altra, e scoprirsi a torcerne il significato perché il ricamo concettuale possa comunque convincere. Vergognarsi di psicanalizzare, con l’accetta di un boia inesperto, il tono di voce, l’inflessione, l’insicurezza o la rabbia, di chi prende parola. Sentire nei muscoli la fatica di separare le frasi dette l’una sull’altra, le voci in competizione, le parole sovrapposte. L’odio incontrollato per i sussurri, l’immediato fascino per chi sussurra.  La deformazione lisergica del tempo, per la quale un fatto o un detto possono durare ore e giorni, e ripetersi nelle settimane con mosse da cavallo degli scacchi.

Sciogliere e riavvolgere la bobina, ovvero trasformarne il magnetismo vinilico nel più scorrevole inchiostro digitale.

Abituati al reportage delle nostre caotiche assemblee, guidati da una pretesa di trasparenza e serietà militante, e ispirati da chi prima di noi ha raccontato per iscritto scambi orali, abbiamo trascritto e sintetizzato ciò che è stato detto alla nostra prima assemblea aperta in San Giovanni in Monte. Ci scusino gli storici oralisti per la forma nient’affatto letterale di questa trascrizione, si indigni Fabrizia Ramondino (che in Passaggio a Trieste scrive in un diario di bordo l’esperienza insieme alle ospiti del Centro Donna di Salute Mentale di via Gambini) per la scarsa poesia che ci stiamo concedendo, e per aver scelto di restituire in anonimato gli interventi esterni.

Questa restituzione nasce dall’interesse di condivisione di quanto detto e fatto collettivamente nelle aule della nostra università e dall’occasione che genera per noi l’atto del riascoltarci. Non ne avevamo previsto il bisogno, ma spontaneamente abbiamo registrato lo svolgersi dell’assemblea. La scarsa qualità dei nostri mezzi di registrazione insieme con il mancato avviso ai partecipanti della stessa non ci hanno reso possibile una trascrizione puntuale.

Apertura dell’Assemblea e presentazione del Coordinamento e della rivista di Area Scettica

Area Scettica si costituisce come soggetto politico eterogeneo di sinistra radicale che intende risignificare e politicizzare lo spazio di San Giovanni in Monte, costruendo una mobilitazione trasversale appoggiando la lotta dei e delle precarie, lottando contro il genocidio in Palestina, contro la retorica bellicista che permea l’università, contro il riarmo e la possibilità concreta della guerra, contro questo governo e il fascismo dilagante. Questo Coordinamento è un punto di convergenza per immaginare e mettere in pratica questa lotta. Scettica è anche una rivista, che intende rompere gli argini della cultura performativa accademica. Si costituisce cantiere aperto per mobilitare il privilegio dello studio in elaborazioni e riflessioni nuove e altre.
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li strumenti di cui si dota Area Scettica sono quindi la redazione della rivista, aperta a contributi di chiunque voglia partecipare, pur sempre in accordo con le istanze e le posizioni politiche espresse nel nostro manifesto. Vorremmo poi costruire uno spazio di dibattito costituito dalle assemblee aperte a cadenza mensile e da una serie di incontri tematici. Il primo avrà luogo l’8 aprile in aula seminari 2, intitolato Declinazioni della resistenza: spazio, memoria, consenso. Si discuterà delle ambiguità di senso che hanno storicamente investito il concetto di resistenza, con la collaborazione dei prof Baldissara e Rovatti, che non terranno un seminario frontale ma presenzieranno in qualità di esperti e moderatori del dibattito.

Apertura del dibattito sulle “Nuove indicazioni per la scuola dell’infanzia e primo ciclo di istruzione 2025”

Interventi di presentazione di Scettica del documento che verrà sottoposto a discussione collettiva:
Le linee guida sono una serie di indicazioni dateci dal Ministero sui programmi scolastici – in questo caso della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado. Mi concentro in particolare sulla sezione riguardo l’insegnamento della storia, che appare immediatamente come molto problematica. È una storia manipolata portare avanti dei concetti tardo ottocenteschi, la nazione, l’identità, un governo che si sente minacciato dalle diverse identità che compongono il nostro paese e che cerca di insegnare la storia in un’ottica nazionalista andando contro tutta la tradizione storiografica che si è sviluppata dal ’68 in poi. La nostra proposta è elaborare insieme un documento condiviso per prendere posizione in quanto student3 di storia e di tutte le scienze sociali.
      Si parla di contenuti fortemente eurocentrici ed orientalisti. Un atteggiamento, potremmo dire, da West vs. Rest: l’Occidente contro tutti. Si parla solo ed esclusivamente di Storia europea ed italiana, dove l’”altro” diventa un alterità estremamente generica. È chiarissima l’intenzione del voler riprendere il discorso dello scontro tra civiltà di Huntington, che ha prodotto dei danni incredibili. Il tentativo è di regimentare il fronte interno partendo anche dalla scuola, come esplicitato dallo stesso Galli della Loggia. Si stanno riabilitando posizioni – superate ampiamente anche da un punto di vista storiografico – attribuendogli una funzione eminentemente politica.
     Chiunque vi ha detto che la storia non serve a niente per la politica vi ha gettato fumo negli occhi. Per questo è importante questo momento: costruire un’opposizione a questo governo passa anche da questi dettagli. Si cita la scuola come “fucina dell’identità nazionale”. La storia ha davvero come obbiettivo quello di trasformare i singoli studenti in degli italiani provetti? Una mentalità che affonda in una logica ottocentesca risorgimentale estremamente anacronistica e razzista. È fondamentale organizzarsi, a partire da questo dibattito.
      Vorremmo aprire un discorso sulle premesse, introdotte da brevi sottocapitoli che riguardano la persona, la scuola e la famiglia. I cosiddetti capisaldi della vera identità “italiana”. Scuola e famiglia afferiscono a due ambiti molto differenti: la scuola deve occuparsi solamente dell’educazione intellettuale e cognitiva, la famiglia si occupa dell’educazione affettiva e sentimentale. Scuola e famiglia sono due universi che non dialogano con la società e da essa non sono affatto intaccati. Il termine “società” compare in questo testo come problema: rimandiamo a Thatcher, per cui esistono solo individui e famiglie, non società. Queste linee guida riflettono esattamente questo modello di individuo.
    Le reazioni negli ambienti storiografici professionali sono state diverse: la SIS [Società Italiana delle Storiche] si è espressa contro questo documento, rifacendosi alla mancanza dell’educazione sessuo-affettiva nelle scuole e alla definizione della violenza di genere come “triste patologia”, alla quale viene proposta una “complementarità delle rispettive differenze”: un comodo posizionamento che prevede un incastro perfetto tra gli stereotipi del maschile e del femminile. In breve, un’insalata di buoni sentimenti e l’amore possono bastare, purché si rimanga all’interno del modello di amore e di complementarità di ruoli già predefiniti. L’Istituto Parri – la Rete degli Istituti per la Storia della Resistenza e dell’età contemporanea esprime preoccupazione per i passi indietro contenuti in questo documento. Nella proposta storiografica, come abbiamo già detto, che esprime una visione nazionalista, anacronista e distorta, ma anche a livello metodologico: il metodo storico proposto da queste linee guida faccia è una vera e propria retrocessione rispetto alle linee guida del 2012 e al modo in cui studiamo oggi Storia in università. Un mese fa è uscito il primo manuale italiano di didattica della storia, una disciplina che ha acquisito di recente una sua solidità nel contesto italiano. Queste nuove direttive, modificando la didattica, ci sconvolgono. La svalutazione delle capacità di apprendimento dei bambini delle bambine è un primo passo nella svalutazione complessiva del ruolo della scuola come formazione di soggettività autonome e pensiero critico.

Intervento di Scettica sulle “Linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica” del 2024:
Queste linee presuppongono che l’individuo sia il nucleo centrale della società, composta da un insieme di tanti individui, e nulla di più. Il concetto di libertà, sottolineato come fondamentale, è subito collegato alla libera iniziativa economica e alla proprietà privata, definita “elemento essenziale della libertà individuale”. La libertà coincide quindi con il liberismo. Questa libertà è connotato esclusivo dell’Occidente, dell’Europa e del nostro territorio nazionale. Le democrazie occidentali, in quanto capitaliste, sono considerate le uniche portatrici di libertà. Il diverso è concepito solo come termine di paragone per il bambino bianco occidentale, cattolico e italiano che si costituisce referente primario del concetto di libertà e vera democrazia.

Intervento esterno 1: Mi preme sottolineare l’uso e l’abuso del linguaggio religioso nelle linee guida ministeriali.  Non sono solo un vezzo su cui dibattere: dall’anno scolastico 2026/2027 entreranno in vigore – magari modificate lievemente in seguito al confronto con i sindacati ed altre forme di rappresentanza – e avranno un impatto reale. Ad ogni scuola sarà demandato il modo in cui vorrà applicarle. Per insegnare dovranno essere studiate e saremo obbligati, come futuri insegnanti, ad interfacciarcisi. L’intento è quello di formare il buon patriota di domani, cristiano e occidentale. Un intento chiaramente politico e ben esplicitato dalle dichiarazioni di Galli della Loggia.

Intervento esterno 2: nell’immediato, queste indicazioni non avranno grande efficacia, dato che i maestri attuali sono abituati ad avere una certa autonomia di formazione. Avranno efficacia sul lungo periodo, così come questo attuale governo che durerà almeno altri dieci anni, con buona probabilità. Queste idee si costituiranno oggetto della manualistica scolastica. Inoltre, il sottolineare come non abbia senso insegnare il metodo critico ma piuttosto narrare la storia come favola della buonanotte… questo implica una separazione tra il mondo accademico e il suo rigore scientifico e formale e l’opinione pubblica. Chi ci sta in mezzo? Ci sta Ernesto Galli della Loggia, lo pseudo-intellettuale da televisione senza formazione accademica da storico che finirà a interfacciarsi con pedagoghi, non con storici. L’università ha una certa autonomia di gestione ed insegnamento, ed è improbabile che queste linee guida la possano permeare. Chi insegna ad elementari e medie non ha una formazione prettamente storica, in realtà. Tra le speranze e i problemi c’è il silenzio degli intellettuali e dell’università. Nella piazza di Serra abbiamo visto come l’intellighenzia di questo paese sia l’archetipo di intellettuale che si presenta in una piazza che dice tutto e dice niente. In università c’è ancora un barlume di libertà di pensiero, che va smosso.

Intervento esterno 4: non c’è senso storico o consapevolezza del passato fuori dagli ambienti universitari. È fondamentale, perciò, non pensare solo a noi stessi e dare per scontato che tutti abbiano gli stessi livelli di comprensione delle misure recenti del governo.

Intervento esterno 5: una linea d’attacco a questo genere di documento è mostrare la sua più completa ignoranza sulla storiografia. Non è solo il progetto evidentemente ideologico che ci sta dietro e lo scontro ideologico che ne consegue, ma contiene falsità storiografiche e scientifiche. Emerge anche una problematica di tipo pedagogico: il professore che deve narrare la storia come se fosse una favola ne svilisce la funzione, e la svuota di ogni senso critico. Si tratta quindi di un problema sia storico e storiografico che pedagogico. Ho una domanda: in che modo questa cosa ha un impatto sulla stesura dei libri di testo?

Federico: le case editrici si accordano sui programmi dei manuali rispettando le linee guida ministeriali sull’insegnamento. Faccio notare come la disciplina storica subisca ancora l’eredità delle riforme gentiliane di epoca fascista in cui viene considerata come ancillare rispetto alle altre discipline. Viviamo in un ambiente accademico dove ci iperspecializziamo su determinati temi, senza curare la preparazione generale.

Intervento esterno 6: gli insegnanti alle elementari sono laureati in scienze della formazione, mentre alle medie hanno lauree nelle singole discipline. Serve una multidisciplinarietà che non riusciamo a creare: per le scuole primarie è essenziale il contributo della pedagogia. I libri di testo delle elementari non hanno mai le fonti, e hanno già un’impostazione di tipo narrativo. Vorrei che le discipline comunichino maggiormente, anche perché il modello universitario non può essere applicato in quanto tale al mondo estremamente diverso della formazione elementare e primaria. Bisogna trovare una maniera alternativa, superando questo obbrobrio di linee guida, che sia adatta ai bambini e di carattere interdisciplinare.

Intervento esterno 7: la scuola è sempre un luogo dove avvengono processi di soggettivazione funzionali allo stato liberale e al governo. Va certamente tenuta presente una critica mirata a queste specifiche linee, ma bisogna contemporaneamente tenere a mente che non si tratta affatto di un’eccezione: la scuola ha sempre funzionato così.

Intervento di un membro dell’Assemblea Precaria Universitaria, che presenta brevemente l’Assemblea: guerra e militarismo stanno arruolando tanto la ricerca, quanto l’insegnamento, quanto il lavoro. Lo vediamo anche nel modo in cui le diverse discipline sono attivate nella produzione di discorsi di guerra, innovando le policy che devono regolamentare la ricerca dual use, un tipo di ricerca immediatamente finalizzato alla guerra. Questo si collega strettamente alla precarietà, perché si tratta di finanziamenti europei e a progetto, che investono ed elargiscono fondi a progetti bellicisti.
La necessità di fare movimento è un tema fondamentale: questo è il primo di una serie di momenti di discussione centrali per poter fare movimento oggi, partendo da specifici nodi problematici che riguardano anche il modo in cui abbiamo militato fino ad ora, per tentare di superare automatismi e chiamate rituali a cui spesso ci troviamo davanti. È necessario provare a capire come si costruisce un movimento forte e radicale. Come Assemblea Precaria vogliamo chiamare uno sciopero a maggio dell’università tutta, ed è necessario elaborare una sintesi comune per rendere lo sciopero effettivo. Questo lo si fa anche in spazi che affrontino in maniera netta nodi di discussione e tengano insieme strategie diverse.

Intervento esterno 9: ricordiamo che i pedagoghi si stanno attivando nelle scuole, e stanno cercando strumenti di resistenza: Valditara ha proposto di discutere tali linee con un questionario per lo più a crocette da diffondere in tutte le scuole. I consigli di classe e di istituto si stanno trasformando in luoghi di rifiuto di compilazione del questionario, senza se e senza ma, in aperta opposizione. Esistono forme di resistenza possibili anche già in atto, ci sarà un’assemblea pubblica e vi inviteremo.

Intervento esterno 10: Mi definisco uno studente-lavoratore, europeista. L’Europa è quella realtà che è riuscita ad andare oltre i confini delle nazioni. Non è un nemico ma può essere un alleato, se lo abbandoniamo siamo in balia di altre autocrazie. L’Europa esiste e non è un nemico.

Federico: volevo solo dire che nessuno ce l’ha con i pedagoghi!

Intervento esterno 2: no, certo, la questione era mostrare come queste idee non abbiano cittadinanza all’interno del sapere storico. Chi non ha una formazione prettamente storica ha semplicemente meno mezzi per contestare queste linee guida. L’obiettivo è produrre un senso storico diffuso. L’intervento di meloni su Ventotene è un esempio [redigi e finisci]. Intersecare visioni e pratiche è fondamentale.

Matteo, tornando sulla questione del riarmo europeo: il concetto di Europa in sé non è negativo: il nemico non è l’Europa, ma questa Europa. Se ci limitiamo al campo delle linee guida in ambito scolastico dell’UE degli ultimi trent’anni, vediamo come siamo andati sempre nella stessa direzione. L’UE nasce come un progetto malato in sé. È difficile sostenere la tesi che abbia sconfitto il nazionalismo… coloro che sostengono questo tipo di conflitto e vogliono riarmarsi per partecipare a una guerra che non è nei nostri interessi sono nostri nemici.

Chiara: Sul rapporto tra pedagogia e storia, ricordo che la SIS ha preso parola, come dicevo, sulla storia come utile disciplina per approcciarsi al tema del genere. Non ha parlato solo di questo, ma ha messo in luce le problematicità che ruotano attorno alla figura del maestro, cioè come viene declinato il rapporto tra educandi ed educatori. Storia e pedagogia devono collaborare.

Chiusura: Senza dubbio si è trattato dimomento iniziale di un’importanza fondamentale, almeno per la mobilitazione all’interno di questo dipartimento e come dinamica di riappropriazione di uno spazio universitario. Cercheremo di fare una sintesi delle posizioni espresse in questa assemblea per costruire un documento unitario come coordinamento attraverso un lavoro di sintesi a cui è possibile partecipare e su cui ci si può confrontare, via mail o sui nostri canali.

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